A volte tornano ricordi che credevo dimenticati, è incredibile come la memoria immagazzini informazioni e le cataloghi e immagazzini talmente bene da nasconderle alla coscienza per tantissimo tempo e poi, di colpo ecco che ricompaiono.
…e sì, a volte mi basta lo stimolo giusto per far ricomparire pensieri che si credono dimenticati ma forse è solo perché non li si vanno a cercare. Incredibile quante cose riemergono: sensazioni, immagini, profumi un intero mondo e modi di vivere ormai lontani ma che comunque fanno parte di un vissuto che è comunque parte di me e che mi ha fatto divenire quello che sono e quello che in futuro diventerò.
Così una musica, una persona cara ritrovata un po’ per caso, un testo riporta alla luce un intero mondo riposto in un cassetto di chissà quale armadio della mente.
Per una serie di motivi mi ritrovo in questi giorni a fare il pendolare tra Verona e Milano…per cui treno (da cui scrivo ora), metro e camminata con gli studenti del politecnico… quanti ricordi affiorano: ascolto i discorsi dei miei compagni di viaggio e ritrovo la mia stessa (ormai passata) ansia da esame, l’appello spostato, i commenti su quel “bastardissimo professore”…
Riscopro una poesia e ricordi che si trascina dietro: come una finestra su una parte di vita importante e andata con tutti i suoi affetti e le storie vissute analizzandole con la consapevolezza attuale probabilmente avrei agito diversamente ma è anche vero che forse non mi troverei ora a riviverle con quella strana espressione da ebete che penso di avere sul volto in questo momento…
Mi ritrovo spesso a “mitizzare” le esperienze passate… chi mi conosce sa quanto mi venga bene raccontare aneddoti andati della mia vita da adolescente in un quartiere non facile o del periodo universitario piuttosto che mille altri episodi anche all’apparenza insignificanti ma in cui colgo lampi di “genialità”… forse è lo stesso motivo per cui ho cominciato a tenere questo blog.
Per alcuni (forse per quelli che mi conoscono meglio) sono il “re pescatore”, questo nome nasce dalla quotidianità di una convivenza e da una vecchia puntata dei Simpson in cui Homer si ritrova a fare il pescatore millantando racconti di catture mitiche, di prede incredibilmente grandi e tenaci. Mi rendo conto che a volte “coloro” i ricordi ma senza mai stravolgerne il senso o il significato solo per trasmettere l’intensità di sensazioni che hanno generato in me e che un freddo racconto dei fatti “nudi e crudi” non potrebbe trasmettere… non sono inesattezze ma solo il tentativo di comunicare una sensazione precisa, di trasmettere emozioni che ho provato e che sono il vero messaggio del mio racconto penso si possa parlare di “licenza poetica”… d'altronde come trasmettere una sensazione forte di un ricordo che sbiadisce (se non addirittura in bianco e nero) senza metterci un po’ di colore?
Credo sia colpa del mio SPLEEN il fatto che mi ritrovi spesso ad usare come trampolino gli appigli mnemonici, che per qualche motivo scopro o riscopro, per provare a ricostruire il quadro complessivo da cui provengono, mi sento come l’archeologo che da un piccolo frammento di pietra, riemerso chissà dove e per quale motivo, spera di poter ricostruire un’intera casa, magari una città o (perché no?) un’intera civiltà dimenticata.
L’ analisi del passato è in fondo una chiave di lettura fondamentale per la comprensione del futuro (sia che si riferisca a noi stessi che ad un’itera società) ed è forse per questo che lo faccio, per provare a capire me stesso unica vera condizione esistenziale per riuscire a relazionarmi serenamente con chi mi circonda.
Mi viene in mente ora (vedete com’è facile?) una cosa che avevo letto e una bella citazione che avevo sul muro della mia vecchia camera a casa dei miei: nella cultura moderna è comune pensare al futuro come qualcosa che deve venire e verso cui ci stiamo dirigendo e siamo quindi abituati a visualizzarlo come qualcosa che ci sta davanti… gli antichi greci avevano una visione diversa relativa più che altro al modo in cui ci si avvicina ad esso non andandogli incontro a viso aperto ma di spalle:
…e sì, a volte mi basta lo stimolo giusto per far ricomparire pensieri che si credono dimenticati ma forse è solo perché non li si vanno a cercare. Incredibile quante cose riemergono: sensazioni, immagini, profumi un intero mondo e modi di vivere ormai lontani ma che comunque fanno parte di un vissuto che è comunque parte di me e che mi ha fatto divenire quello che sono e quello che in futuro diventerò.
Così una musica, una persona cara ritrovata un po’ per caso, un testo riporta alla luce un intero mondo riposto in un cassetto di chissà quale armadio della mente.
Per una serie di motivi mi ritrovo in questi giorni a fare il pendolare tra Verona e Milano…per cui treno (da cui scrivo ora), metro e camminata con gli studenti del politecnico… quanti ricordi affiorano: ascolto i discorsi dei miei compagni di viaggio e ritrovo la mia stessa (ormai passata) ansia da esame, l’appello spostato, i commenti su quel “bastardissimo professore”…
Riscopro una poesia e ricordi che si trascina dietro: come una finestra su una parte di vita importante e andata con tutti i suoi affetti e le storie vissute analizzandole con la consapevolezza attuale probabilmente avrei agito diversamente ma è anche vero che forse non mi troverei ora a riviverle con quella strana espressione da ebete che penso di avere sul volto in questo momento…
Mi ritrovo spesso a “mitizzare” le esperienze passate… chi mi conosce sa quanto mi venga bene raccontare aneddoti andati della mia vita da adolescente in un quartiere non facile o del periodo universitario piuttosto che mille altri episodi anche all’apparenza insignificanti ma in cui colgo lampi di “genialità”… forse è lo stesso motivo per cui ho cominciato a tenere questo blog.
Per alcuni (forse per quelli che mi conoscono meglio) sono il “re pescatore”, questo nome nasce dalla quotidianità di una convivenza e da una vecchia puntata dei Simpson in cui Homer si ritrova a fare il pescatore millantando racconti di catture mitiche, di prede incredibilmente grandi e tenaci. Mi rendo conto che a volte “coloro” i ricordi ma senza mai stravolgerne il senso o il significato solo per trasmettere l’intensità di sensazioni che hanno generato in me e che un freddo racconto dei fatti “nudi e crudi” non potrebbe trasmettere… non sono inesattezze ma solo il tentativo di comunicare una sensazione precisa, di trasmettere emozioni che ho provato e che sono il vero messaggio del mio racconto penso si possa parlare di “licenza poetica”… d'altronde come trasmettere una sensazione forte di un ricordo che sbiadisce (se non addirittura in bianco e nero) senza metterci un po’ di colore?
Credo sia colpa del mio SPLEEN il fatto che mi ritrovi spesso ad usare come trampolino gli appigli mnemonici, che per qualche motivo scopro o riscopro, per provare a ricostruire il quadro complessivo da cui provengono, mi sento come l’archeologo che da un piccolo frammento di pietra, riemerso chissà dove e per quale motivo, spera di poter ricostruire un’intera casa, magari una città o (perché no?) un’intera civiltà dimenticata.
L’ analisi del passato è in fondo una chiave di lettura fondamentale per la comprensione del futuro (sia che si riferisca a noi stessi che ad un’itera società) ed è forse per questo che lo faccio, per provare a capire me stesso unica vera condizione esistenziale per riuscire a relazionarmi serenamente con chi mi circonda.
Mi viene in mente ora (vedete com’è facile?) una cosa che avevo letto e una bella citazione che avevo sul muro della mia vecchia camera a casa dei miei: nella cultura moderna è comune pensare al futuro come qualcosa che deve venire e verso cui ci stiamo dirigendo e siamo quindi abituati a visualizzarlo come qualcosa che ci sta davanti… gli antichi greci avevano una visione diversa relativa più che altro al modo in cui ci si avvicina ad esso non andandogli incontro a viso aperto ma di spalle:
<< ... Come sia il futuro che arriva alle mie spalle non lo so,
ma il passato DAVANTI A ME domina tutto a perdita d’occhio! ... >>
Robert.M.Pirsig “Lo zen e l’arte della manutenzione della Motocicletta”
Robert.M.Pirsig “Lo zen e l’arte della manutenzione della Motocicletta”
Mi stupiscono e mi affascinano questi meccanismi mnemonici!
SINAPSI: credo sia il meccanismo biologico in questione.
Sinapsi: che parola strana con un suono difficile, allo stesso tempo misterioso (quasi ostile) ma suadente. Strano l’effetto che mi suscitano molti di questi termini scientifico-tecnici, la mia formazione accademica mi fa comprendere come tali meccanismi avvengono: una serie di interazioni chimico-fisiche che generano impulsi elettrici in grado di stimolarne altre simili, un meccanismo complesso e “matematico” ma dove cazzo sono i colori e le emozioni?… come si generano? Cosa sono? Come posso chimicamente immagazzinare il ricordo così nitido ed emotivamente unico di un profumo, l’emozione di un incontro, l’eccitazione per un bacio rubato? La mia chimica è uguale a quella di tutti gli altri ma allora perché siamo diversi… e soprattutto qual è la molecola della “serenità”?
Scusate ho divagato ma forse sono solo le seghe mentali di un pescatore con l’attitudine al pensare al come e al perché e che si trova a barcamenarsi quotidianamente con l’analisi dei fatti rigorosa dovuta alla sua formazione accademico-professionele e la sua indole da umanista.
…e sapete cosa penso… le due visioni non sono poi così diverse!
Scusate ho divagato ma forse sono solo le seghe mentali di un pescatore con l’attitudine al pensare al come e al perché e che si trova a barcamenarsi quotidianamente con l’analisi dei fatti rigorosa dovuta alla sua formazione accademico-professionele e la sua indole da umanista.
…e sapete cosa penso… le due visioni non sono poi così diverse!